martedì 4 maggio 2010

Presa di coscienza

"Sono tanto convinto che la famiglia è il più grande focolaio di cattiveria, di asinaggine, che se mi fosse dato distruggere a scelta uno dei grandi flagelli umani: la religione o le cavallette, la proprietà individuale o il colera, la guerra o le zanzare, il governo o la grandine, i parlamenti o le fistole, la patria o la malaria, senza esitare sceglierei di distruggere la famiglia". Giovanni Rossi, anarchico italiano, fondatore della "Colonia Cecilia".


La cagione della mia pigrizia non è rappresentata dalla società ma dalla famiglia e dall'educazione da essa impartitami.
I miei genitori, fin dall'infanzia, hanno fatto di tutto e di più per soddisfare subitamente i miei vizi, i miei desideri, i miei capricci.
Sono loro che hanno cucinato e riempito il mio piatto di gustose e caloriche pietanze. Cosi', adesso, non sono in grado neanche di accendere un fornello per prepararmi il cibo. Non ne ho le capacità e lo sprone.

La frenesia domina ogni mia azione.
Voglio tutto e subito, senza il minimo sforzo o sacrificio.
La cultura (o la religione) del sacrificio: è quella che mi manca.
Il sacrificio dovrebbe essere cercato e trovato con avidità.
Invece io lo fuggo ardentemente, come fosse un terribile mostro che vuole cibarsi del mio grasso corpo infingardo.

Questa condizione non riguarda solo me. Essa riguarda la gran parte, se non la totalità, dei giovani che vivono nel fantastico (ma mostruoso) mondo del benessere.

Perchè i nostri genitori ci educano in quel modo?

A guidarli è la paura di farci provare il dolore, la disperazione delirante del raggiungere gradualmente e con tribolazione i propri obiettivi.
Loro hanno vissuto la totalità della propria esistenza sotto l'onnipresente scettro del sacrificio e dell'ottenere tutto da soli, senza aiuti paterni o materni.
Hanno provato e compreso quelle che sono le sofferenze fisiche e psicologiche dovute al lottare brutalmente e senza sosta per raggiungere un dato obiettivo.
Cosi', presi dalla fobia di farci soffrire quello che loro hanno sofferto, ci danno tutto e subito, assecondando ogni nostra richiesta, per quanto assurda possa essere.
Questo, si, ci evita il tremendo dolore del sacrificio ma mortifica il nostro futuro, allontana il raggiungimento dei nostri obiettivi. Perchè non siamo abituati a lottare o, come direbbe Hesse, ad "aspettare, pensare e digiunare".

La nostra generazione, probabilmente, perderà e la colpa sarà essenzialmente della precedente generazione, quella dei nostri genitori, che ci ha resi deboli, molli e terribilmente infingardi.
E questi sono i guai prodotti dalla famiglia e dall'educazione. Guai che, spero, non siano irrimediabili.

Non ci resta che morire. Quella è l'unica certezza che abbiamo.

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