sabato 31 ottobre 2009

Il prodotto dell'immobilità pomeridiana

Sono seduto sul freddo divano del mio tiepido salotto. Poca luce. Luce solare. Il sole è quasi sceso dietro le immote e immonde colline. Il tramonto è vicino. Un tramonto invernale perciò meno infernale.
Siedo. Penso.
Parole. Queste:
LACCA, CACCA, CASACCA, TURIDDU MACCA, GIULIVO, GULLIVER, SANDALO, CASSONETTO, GIULIETTA, ROMEO, CASTA, OMELIA, OSTIA, PRETE, SETE, ACQUA LETE (pubblicità occultamente involontaria)

Una parole tira l'altra.
La mente umana agisce come una razionale fiumana di informazioni.
L'autonomia totale non sussiste; è un'utopia.

L'autonomia (totale) è un'utopia: ecco perchè esiste Maria.

mercoledì 28 ottobre 2009

L'inquietante teoria liberalista

Il liberalismo vede la diseguaglianza sociale come una conseguenza diretta ed inevitabile della diseguaglianza BIOLOGICA esistente tra gli uomini.
Infatti, i liberali ritengono che non tutti gli uomini dispongono dell'intraprendenza economica, della voglia e della capacità di lavorare. Ci sono uomini biologicamente intraprendenti e uomini biologicamente idioti e nullafacenti (DISEGUAGLIANZA BIOLOGICA)

Combattere la diseguaglianza sociale significa affrontare una lotta contro il nulla, o meglio contro la incorruttibile potenza della natura.
Infatti è la natura che attribuisce certe caratteristiche (intraprendenza economica, capacità lavorativa,etc.) a determinati uomini, che permettono agli stessi di raggiungere un posto di riguardo nella gerarchia sociale.
Ogni società è contraddistinta da una gerarchia sociale che non può essere annientata e quindi neanche combattuta.

Quindi, secondo l'idea liberalista, è la natura (cosa o chi sarà poi questa natura!) che determina la composizione della società. E la natura non può essere in nessun modo contraddetta.

Questa concezione è sviluppata dal liberalismo.
Una concezione, dal punto di vista filosofico, pienamente IDEALISTA, ossia totalmente contraria a quella MATERIALISTA propugnata dal socialismo "scientifico".

Non posso che rafforzare il mio radicale antiliberalismo.

lunedì 26 ottobre 2009

Una brutta faccenda

(DA UNA STORIA VERA, RACCONTATA DA MIA NONNA)


Siamo agli albori del '900.
Il periodo della vendemmia.
La campagna abruzzese.


Renata è una giovane ragazza, con capelli rossi, carnagione chiarissima, seno timido. E' figlia di contadini. Suo padre è proprietario di un piccolo podere. La famiglia possiede dei vigneti.

Renata è promessa in sposa ad un giovane ragazzo, figlio di un avvocato e di una contessa. Si chiama Mario.
Mario è vivamente innamorato di Renata.
I genitori del giovane non sono molto felici dell'innamoramento del figlio. Contado-borghesia: un binomio che funziona ben poco.

Mario è costretto a scappare di casa.
Si trasferisce dalla sua amata. Convivono nell'abitazione rurale di Renata ma dormono in stanze diverse. Ancora non sono sposati.

Renata, il padre, la madre e Mario stanno cogliendo l'uva.
Sono tutti felici. Discorrono con tranquillità tra di loro, mentre provvedono alla coltura.

Renata resta sempre vicina al suo innamorato. I due si amano alla follia.
I genitori di Renata si distraggono.
Renata ne approfitta per baciare il suo ragazzo. Compie uno scatto repentino per toccare la bocca maschile. La rapidità e la fretta la condannano. Inciampa su di una pietra. Perde l'equilibrio.
Non cade. Riesce a rimanere in piedi.

Però il gesto inconsulto l'ha punita. Crudelmente. E'stata condannata dalla voglia di baciare il suo amato.
Una scoreggia è fuoriuscita dal suo sedere. Un boato fortissimo che hanno udito tutti i presenti. Soprattutto Mario.

La naturalezza fisiologica del peto umano è stata più spietata di una rovinosa caduta, che avrebbe provocato un semplice, positivo e condiviso riso.

Mario è vivamente scandalizzato dall'accaduto.
Con sdegno abbandona il campo coltivato.

Renata è invasa da una vergogna assurdamente disumana. Il suo volto si colora di un rosso purpureo. Sta per scoppiare. Vorrebbe piangere. La vergogna la blocca.
Non riesce a comprendere la reazione di Mario. Se n'è andato senza dire nulla.

Dopo alcuni minuti di immobilità e di potente imbarazzo, Renata corre verso la casa.
Mario non c'è più. E' andato via.

Renata è pervasa da un terribile sconforto.

Il giorno seguente Mario si fa sentire. Comunica al padre di Renata che ha intenzione di lasciare immediatamente la figlia. "Non posso sposarmi con una scrofa". Mario è categorico.

Renata apprende la notizia. Cade nella disperazione più assoluta.
Oltre alla pessima figura fatta davanti al suo fidanzato è stata lasciata dallo stesso.
Oltre al danno, la beffa.

Passano i giorni. Mario è davvero sparito.
Renata non se ne fa una ragione. Il suo pensiero torna inevitabilmente a quel fatale giorno nel quale il suo sedere ha tuonato. Maledetto sedere. Disgraziata natura umana. Dannato fisico umano.

La ragazza non esce più di casa. E' in pessime condizioni psicologiche.


Tenta il suicidio. Non ci riesce.

Capelli bianchi. Viso scavato. Occhi disastrati. Labbra corrose. Denti ingialliti. Unghia lunghe e sporche. Questo è il ritratto tremendamente sconcio di Renata. Una ragazza distrutta.

I genitori non hanno dubbi e i medici neanche: è pazza.

Viene chiusa in un manicomio.

Il crudele e ripetuto elettroshock non riesce a cancellare quel pessimo rumore che ha razzerato la sua esistenza. Non ci riuscirà mai.

(Può una scoreggia distruggere cosi malamente una vita umana?)

Renata conclude i suoi giorni nel buio manicomio di Teramo.
La vita è stata terribilmente spietata nei suoi confronti.
La morte è per lei un sollievo.

I genitori l'hanno vista lentamente spegnersi. Il progressivo e intenso dolore ha assassinato Renata.
La famiglia piange.
Un misero funerale le è stato concesso. Poche persone. Mario non c'era. Nel frattempo si è sposato. Vive a Roma. Ha dei figli. E' contento. Guadagna bene. (Sia maledetto per l'eternità)

Il corpo di Renata, dilaniato dalle mille sofferenze, è stato prontamente seppellito. Ricoperto per sempre.
Chissà se la fredda terra cimiteriale abbia donato un giusto affrancamento ad una donna distrutta dalla cupidigia umana.

Se Dio è realmente buono, giusto e onnipotente, perchè ha concesso una simile oscenità?

Per fortuna il tempo è passato anche per Mario. E' morto.
Satana si starà eloquentemente occupando della sua fetida anima.

Il problema inevaso delle morti sul lavoro

L'Italia è un paese di criminali.
Nel 2008 le morti sul lavoro sono state 1.120 e nonostante la lieve flessione del 7,2% rispetto all'anno precedente (2007), l'Italia è il paese europeo con il più alto tasso di morti sul lavoro.

Il 2009, ormai giunto al termine, non promette bene. Le statistiche parlano chiaro: fino al 21 luglio le morti bianche sono state 581 mentre fino al 29 settembre sono 782. Le morti sono aumentate di 201 unità nel giro di due mesi circa. Continuando con una tale tendenza, la cifra annuale del 2009 supererà ampiamente quella già disastrosa del 2008.
L'Italia è in procinto di confermare il suo pessimo record di "omicidi bianchi" in seno all'Unione Europea.

Oltre ai morti effettivi ci sono anche quelli relativi. Migliaia sono gli invalidi del lavoro (19.573 fino al 29 settembre 2009), la cui vita è stata crudelmente macchiata dalla opportunistica ignoranza dei padroni.
Infatti la causa principale degli incidenti sul lavoro è data dalla inosservanza delle misure di sicurezza da parte di chi gestisce l'azienda, molto spesso con la complicità omertosa dei sindacati.

Quello dei morti sul lavoro è dunque un problema serio che merita una reale ed immediata soluzione. Le "belle" parole dei politici, cariche di demagogia e retorica, non bastano più, ma occorrono atti e azioni dirette. Provvedimenti che producano un netto ridimensionamento del fenomeno delle "morti bianche".

Personalmente mi permetto di elargire una soluzione: DEMOCRAZIA SOCIALISTA.

Ogni altro vocabolo è superfluo.

domenica 25 ottobre 2009

Appunti

Il "realismo socialista" era in realtà un vivo insulto alla dignità del popolo.
L'idea che il popolo debba usufruire di un'arte naturalistica e priva di qualsiasi elemento "da interpretare" è sbagliata e denigratoria. Infatti, in tal modo, viene rivelata (indirettamente?) una mancanza di intelletto da parte del popolo.
Il realismo socialista comunica al popolo questo: tu sei ignorante, incapace di interpretare cio che è surreale, simbolico. Quindi, per poter capire, hai bisogno di un'arte naturalistica, immediata, senza filtri interpretativi.
Inoltre il realismo socialista inseriva un'ulteriore concezione: le opere d'arte devono avere un CONTENUTO SOCIALISTA.
Forma realista, contenuto socialista.
Oltre al danno, la beffa. E' possibile utilizzare l'arte per indottrinare il popolo?
"Il popolo è ignorante. Diamo ad esso un'arte naturalistica e sfruttiamo la sua ignoranza per imprimergli un'ideale politico, quello socialista: questo comunica il realismo socialista, secondo il mio modestissimo parere.

Il realismo socialista, teorizzato da Gor'kij.
(Urss, 1934)

Purtroppo l'arte è sempre stata indissolubilmente legata a quel gruppo che detiene il potere in un determinato periodo storico (sociale, politico, economico, religioso, commerciale).
Questo avveniva nel medioevo, dove il dominio incontrastato della chiesa dava vita ad un'arte quasi interamente religiosa e nella fattispecie cattolica.
Avveniva nel '700 con Goldoni, che condanna la commedia dell'arte (di matrice fortemente popolare) per rappresentare e raccontare la nascente classe mercantile veneziana (BORGHESIA), che in quel periodo conosceva un fervido sviluppo economico e politico.
Insomma: la prosperità di un gruppo sociale corrisponde all'assoggettazione dell'arte a quel dato gruppo.

Torniamo al realismo socialista. E alla meschinità dell'arte "naturalistica".
Il popolo è dotato di intelletto. Il popolo ha la capacità di emozionarsi attraverso la mediazione dell'intelletto. Il popolo può (e deve) interpretare: questo penso io.

Il simbolismo è una vera disciplina popolare perchè rispetta e valorizza l'intelligenza e la sensibilità popolari.

Il teatro "mejerchol'diano" (di stampo avanguardistico e fortemente simbolico) è il reale teatro popolare, che ama il popolo e ripone una vasta fiducia in esso.

Mejerchol'd: fucilato per essere contrario alle prerogative del realismo socialista..................................................................................................................................................................

sabato 24 ottobre 2009

In questo paese (?). Il nostro paese (?)......

Ore 18:00. Il sole sta tramontando e disegna un'atmosfera misteriosamente triste. La luce assume una tonalità talmente calda da mistificare cromaticamente qualsiasi aspetto umano e ambientale.

Renato entra in casa. La sua casa. E' appena tornato dal lavoro. E' impiegato in un'azienda siderurgica. Operaio. Metalmeccanico. Operaio metalmeccanico.
Il suo viso appare provato e vessato dalle spietatezze del lavoro. Macchie nere riconducibili al grasso dei macchinari dominano irremovibilmente la sua faccia. Renato è irriconoscibile. Il nero del grasso opprime il roseo colorito umano del suo volto.
La sua modesta e angusta abitazione. Un monolocale mestamente squallido.
Renato è in casa.
Non si dirige verso il bagno; si laverà in seguito. Adesso non ne ha la forza. Il grasso resta.
Si getta sul divano. Immobile, per diversi secondi.


Con uno scatto fulmineo afferra il telecomando del televisore, posizionato al di sopra di un timido tavolino in plastica marrone.
Un fantastico televisore al plasma. Quell'avanguardistico elettrodomestico stona visibilmente con l'anacronistico arredamento quasi medievale. Mobili consumati dal tempo, tende strappate, porte scardinate, pavimento disastrato, crocifissone in oro: sembra di stare in una bettola Lumpenproletaria. Però c'è il televisore LCD.
Renato accende la televisione. La videografia televisiva asfalta la spossatezza di Renato. Rinvigorisce. Ride ed è felice. Felicissimo. La contentezza lo assale. Lo assoggetta.

Renato è felice della sua vita fatta di stenti e sofferenze. E' soddisfatto delle sue quindici ore di lavoro. E' contento di essere avidamente sfruttato e meschinamente defraudato della sua dignità e della (sua?) vita.

Renato è già morto. Il televisore lo mantiene in vita.
Non spegnete quell'affare: l'eutanasia non è concessa. In questo paese. Purtroppo.

Il riscatto (e non la RI-VINCITA) degli oppressi

"Lo spettacolo teatrale è concluso. Un compatto e minaccioso sciame di insetti invade la sala teatrale, gettando il pubblico nel terrore più irrazionale. L'invasione è accompagnata dalla "cavalcata delle valchirie" del Wagner".

Il riscatto degli ingiustamente oppressi: gli insetti.
L'insetto è trattato al pari di una pietra sporca di feci puzzolenti. Purtroppo l'insetto è un essere vivente, al contrario dell'insensibile pietra penosamente sporca.
Schiacciare un insetto è come scalfire crudelmente una pietra; un gesto compiuto con una naturalezza quasi disumana.

L'insetto è oggettivamente riprovevole (dal punto di vista fisiologico, si intende) ma non per questo è consentito disprezzarlo avidamente. Il brutto si rispetta. Anche più del bello.

Gli insetti dominano inconstrastatamente il (nostro?) globo ma la timida piccolezza non permette loro di affermarsi sulla prepotenza tipicamente umana.
La loro bruttezza è l'unica difesa contro la gratuita brutalità umana.

Arriverà (è già arrivato) il momento, seppur fugace, nel quale gli insetti otterranno un significativo riscatto. E l'onirismo della sala teatrale ne sarà il contenitore. Esclusivo ma adatto.

giovedì 22 ottobre 2009

La borghesia domina le nostre menti (e vite)

Emma Marcegaglia (Presidente di Confindustria) ha affermato che "la cultura del posto fisso è un ritorno al passato non possibile". Questa netta dichiarazione ha fornito un valido argomento ad una mia tesi, ovvero: la borghesia attribuisce un carattere ancestrale e anacronistico a tutto ciò che può insidiarla. E Confindustria, rappresentando coloro che si rendono CARNEFICI dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo, può essere ritenuta a pieno titolo l'emblema della alta borghesia italiana.
Non bisogna stupirsi dunque se il potere borghese vuole che il comunismo e la sicurezza per i lavoratori siano considerati come elementi improponibili perchè appartenenti ad un passato ipoteticamente fallimentare.

sabato 10 ottobre 2009

Invettiva contro il capitalistoide speculatore e farabutto (Evviva Satana!)

Prendere insieme quella stretta minoranza di tutti i capitalistoidi del mondo, chiuderli in un grande stanzone insonorizzato e tagliare con un coltellaccio i loro coglionacci gonfi di sperma
Privare il capitalistoide del terribile liquido peccaminoso unito a sangue e gettarlo sul suo viso dolorante e delirante.
La morte dovrà arrivare con lentezza; estrema lentezza
L'immagine del denutrito e disarmato infante rimarrà impressa nei suoi occhi anche dopo l'estremo atto
Le pene dell'Inferno saranno terribili
Il capitalistoide non soggiornerà in un solo girone/ egli si è macchiato di vari crimini
Pagherà fisicamente tutto ciò che ha guadagnato economicamente
Il buon Cerbero non finirà mai di mordere voracemente la riprovevole testa di cazzo del capitalistoide
Il demonio renderà giustizia a tutti gli oppressi
Il demonio è un COMPAGNO che gode dell'oneroso compito di punire lo squallido edonismo capitalistico
L'ipocrisia del capitalismo verrà annullata bruscamente dal nostro miglior alleato: Belzebù
Noi tutti lo amiamo (il diavolo) Evviva Satana!

"Demoni di tutto il mondo, unitevi!"

venerdì 9 ottobre 2009

In quel lontano 18 maggio 2006....

Paolo Bonaiuti (portavoce del premier e venerabile maestro di relativismo) afferma il 18 maggio 2006, all'indomani delle elezioni politiche, che l'Italia si trova "di fronte ad una minaccia per l'informazione, quasi una prova di regime da parte di chi si dichiara gia vincitore". Naturalmente il dittatore in questione era Romano Prodi, il quale non aveva ancora sconfitto ufficialmente Silvio Berlusconi alle elezioni politiche del 2006. Infatti il verdetto finale che sanciva la vittoria di Prodi arrivò qualche settimana più tardi.
Un regime censorio ed intollerante che non cessa di esistere. Forse anche l'attuale mancanza di libertà d'informazione è stata ereditata dallo scorso governo di centrosinistra.

Il sonno del sapere

Un povero uomo diligente/preso da un sentire vago e opprimente,/scese lungo la strada morente/e si perse tra la folla crudele e delirante./Appresso lo raggiunse un memorabile ignorante/che disse sfacciatamente:/"Perchè vive cotesta gente?"/Provò a rispondere l'uomo diligente:/"Non conosci forse il segreto di questa vita sfuggente?"/L'ignorante voltò le spalle prepotentemente/e con aria del tutto indifferente/lasciò che la folla calpestasse il diligente.

SENZAFIRMA

Non ci resta che piangere (una disarmante ipocrisia)

Ieri sera ad Annozero l'illustre avvocato di Silvio Berlusconi (e deputato) ha avuto l'accortezza e il fegato di rappezzare le buche create da Berlusconi in seguito alle calde affermazioni post-bocciatura lodo alfano ad opera della corte costituzionale. E' proprio vero: i servi sono pronti a metterci la faccia pur di favorire il buon samaritano del loro padrone.
Nicolò Ghedini ha smentito le dichiarazioni di Berlusconi secondo le quali quello della corte costituzionale è un verdetto politico. Ma come si può negare cosi spudoratamente l'evidenza?
Perfino il veracissimo Maurizio Gasparri (capogruppo del pdl al senato) ha affermato che "la corte costituzionale non è più un organo di garanzia perchè smentendo la sua giurisprudenza ha emesso una decisione politica..", infine ha ritenuto che la corte è una "sezione di partito della sinistra". Dichiarazioni alquanto eloquenti che sono arrivate l'8 ottobre, quindi il giorno seguente alla decisione della consulta che si espressa con la bocciatura del Lodo Alfano. Il medesimo concetto è stato espresso dallo stesso presidente del consiglio Silvio Berlusconi e dai suoi innumerevoli servacci piddiellini.
Adesso: può un eletto dal popolo (sia esso il presidente del consiglio o un "semplice" parlamentare") mettere in discussione l'organo giuridico più importante della nostra repubblica? Ci si può spacciare per portatori di democrazia quando si dovrebbe rispettare (sempre!) il giudizio di un fondamentale organo come la corte costituzionale?
L'elemento che mi stupisce è anche un altro: perchè non si è mai parlato di una corte "sinistrorsa" prima del verdetto? Infatti non sono rintracciabili affermazioni che testimoniano eventuali presagi da parte di uomini politici vicini al diretto interessato Silvio Berlusconi. La corte costituzionale è magicamente diventata bolscevica solo ed esclusivamente dopo la sentenza sfavorevole. Coincidenza? Può darsi. Purtroppo ci si dimentica che i giudici hanno giudicato GLI ATTI e non i soggetti governanti, cosi come ha giustamente detto un esponente del CSM.
La tendenza è questa: quando una sentenza è favorevole al buon "presidente eletto dagli italiani" si parla di SENTENZA GIURIDICA (quindi leale, equa) mentre quando si tratta di una sentenza avversa al Berlusconi si tratta di SENTENZA POLITICA.

L'onestà intellettuale è stata completamente calpestata da questa classe dirigente.
"Non ci resta che piangere".

giovedì 8 ottobre 2009

L'ignoranza trionfa

L'ignoranza è più forte della diligenza e della conoscenza.
Il diligente che discute con un memorabile ignorante non ha speranza di far valere le proprie opinioni.
L'ignoranza è arroganza.
L'ignorante, non avendo argomenti da esporre, non può vedersi contestato nulla. Il diligente che possiede una vasta riserva argomentativa e conoscitiva, la vede annullata dinanzi alla spiazzante e disarmante assenza di opinioni argomentate ed argomentabili.

Partito delle (pseudo)Libertà docet.

mercoledì 7 ottobre 2009

BRAINSTORMING RIGUARDANTE "IL" DESIDERIO...

"Lasciate ogni speranza voi ch'entrate": questo verso meriterebbe un posto al di sopra della tetra cancellata cimiteriale.
Chi entra nel "luogo ultimo", sia da vivo che da morto, non gode della possibilità di uscirne indenne.
L'esistenza del vivo finisce inevitabilmente per essere macchiata da uno strano (ma razionale) sentimento di disperazione e delirio. L'immagine dei corpi inermi, rarefatti ed imputriditi resta ancorata dinanzi ad i suoi occhi. Tale immagine viene enfatizzata dal "pensiero inevitabile": il macabro contenitore ligneo finirà per catturare anche me.
La morte: una questione ineludibile.

Entrare in un cimitero è come leggere l'"Inferno" dantesco: un intruglio di emozioni e delirio interiore.
L'Inferno frantuma la nostra compostezza emotiva, ci turba a tal punto che difficilmente riusciremo a rimuoverlo dalla nostra mente. L'Inferno ci pone dinanzi ad un sacra ed umana questione: la morte.

"Per me si va nella città dolente
Per me si va nell'eterno dolore
Per me si va tra la perduta gente": questi versi sembrano destinati ad una mimetica descrizione dell'ambito cimiteriale.
Il cimitero è un inferno silenzioso e timido ma nel medesimo tempo rumoroso ed arrogante. Nessun altro ambiente quanto il cimitero è in grado di creare una violenta burrasca psicologica ed esistenziale in seno all'individuo. Il cimitero è come un professore severo ed esigente: ti pone continuamente delle domande alle quali difficilmente riuscirai a rispondere.
Il cimitero ha evoluto l'uomo e nel contempo lo ha condannato. Esso ci ha permesso di domandarci la causa ed il fine dell'esistenza umana.

Da qualche settimana mi sono IMPOSTO un desiderio: la lettura di alcuni canti dell'inferno dantesco con la eloquente ed esatta scenografia cimiteriale.

Immagino le conseguenze di una tale iniziativa. Un turbine di emozioni che rasentano una spudorata ed evidente commozione: questo causerebbe la lettura dell'"Inferno" all'interno di un cimitero.

Naturalmente l'intera opera verrà ripresa "ad hoc" con un dispositivo videografico. La tonalità cromatica delle immagini dovrà comunicare una certa freddezza (tonalità fredda). Una scelta cromatica che stona evidentemente con l'ambiente descritto (l'Inferno): un'ulteriore elemento conflittuale che non può che far bene all'intera rappresentazione.

Mi sono chiesto ripetutamente: chi si eseguirà la lettura?

Ammetto che mi piacerebbe molto veder reiterata la lettura della "divina" ad opera di Carmelo Bene, che gia la realizzò nel 1980 (in occasione della cerimonia per la strage di Bologna). Purtroppo "L'" attore "inesistente" non è piu tra noi.
A questo punto gradirei che ad interpretare l'Inferno sia un giovane attore, piu o meno promettente, capace di guadagnarsi un nome ed una reputazione in seguito a questa esperienza.

Questa lettura non sarà un'opera teatrale. Non avremo la compresenza fisica tra attore e pubblico. Dunque non sussisterà quel carattere essenziale che definisce il teatro.
Ci si "limiterà" a riprendere il tutto con una videocamera o cinepresa, a seconda delle disponibilità produttive.
Un'opera cinematografica a tutti gli effetti.

Un'ultima considerazione di carattere personale: vi prego, non seppellitemi, non datemi la possibilità di "riposare in pace", non permettete che le genti vengano a rimirare la mia lapide e sappiano della mia morte. Se è necessario, violate la legge; sarà una violazione giustificata.

Il mio corpo che si decompone: impedite che questo accada!

Il corpo del morto è inferiore a quello animato del vivo.

lunedì 5 ottobre 2009

Dramma pornografico frutto di una scrittura rapida, impulsiva ed irrazionale

Scena UNICA

Un fondale nero e macchiato di sangue. Un tavolino con sopra una testa mozzata nella parte sinistra del palcoscenico. Una testa di donna. Nella parte destra troviamo una ghigliottina. E' sporca di sangue. E' stata appena effettuata una esecuzione.

TERRIFICANTI GRIDA DI DONNA

Una donna nuda e spaventata entra in scena. Ha un fallo in plastica piantato nel sedere. Qualcuno la sta rincorrendo.

Un piccolo gruppo di uomini effettua l'accesso in scena. Sono esaltati e desiderano ardentemente acciuffare la donna. Il pene eretto di ognuno fuoriesce dai loro pantaloni. Vogliono il corpo della donna.

La donna individua il boia. Si ripara dietro la sua imponente figura.

La foga degli uomini si placa. Hanno paura del boia.

Il boia resta fermo proteggendo cosi la povera donna. Osserva gli uomini con aria di sfida. Ingrossa il petto e si mostra potente dinanzi agli occhi del mal intenzionato gruppo.

La preoccupazione espressa poc'anzi dagli uomini va gradualmente scemando fino a scomparire. Scoppiano a ridere

GRASSE RISATE MASCHILI

Il boia è spazientito. L'atteggiamento irrisorio degli uomini lo fa scattare. Correndo si getta su di loro.

Contro ogni pronostico, il compatto gruppo malmena duramente il grosso rivale. Picchiano e ridono.

URLA DI DOLORE DEL BOIA UNITE ALLE POTENTI RISATE DEI PICCHIATORI

Il pestaggio si conclude.

Il boia resta dolorante a terra. Non riesce a muoversi

INFANTILI LAMENTI DI DOLORE DEL BOIA

IL GRUPPO NON SMETTE DI RIDERE

La donna è rimasta ferma al suo posto. E' spaventatissima. E' sconvolta per quello che è accaduto e probabilmente per quello che sta per accadere.

Gli uomini si avvicinano lentamente alla donna. Una lentezza disumana. Il ritmo dell'azione è assurdamente blando.

ANCHE LA VELOCITA' SONORA DELLE RISATE E' DIMINUITA

Gli uomini stanno arrivando a destinazione...

Si spengono improvvisamente le luci. L'intera sala viene invasa da un buio illeggibile.

L'ambiente resta oscuro.....

Potente schiocco di una frusta.

L'illuminazione viene riattivata.

Gli uomini sono completamente nudi. Il loro pene è ancora eretto. Le gambe e le braccia allargate. Sono immobili. Il boia non c'è più.

La donna, adesso vestita, li colpisce violentemente con la frusta. Il macabro oggetto di dolore lascia delle profonde vessazioni sulle pelli maschili. Vengono colpiti anche i loro organi genitali.

URLA DI DOLORE DEGLI UOMINI E RISATA DELLA DONNA. UNA RISATA RAUCA CHE ESPRIME UNA SADICA ECCITAZIONE.

La donna continua imperterrita a colpire le sue vittime.

Le frustate si placano. Gli uomini scappano via. Abbandonano le tavole del palcoscenico ed escono di scena passando attraverso la platea. Se ne vanno con la proverbiale coda tra le gambe.

FINE

[CI SI AFFIDA ALLE STRAORDINARIE DOTI MIMICHE DEGLI ATTORI. ESSI DOVRANNO COMUNICARE DETERMINATE INTENZIONI E DETERMINATI STATI D'ANIMO MEDIANTE IL SOLO GESTO. L'INTERA SCENA E' FONDATA SULL'IMPORTANZA CENTRALE DELL'AZIONE. IL TEATRO NON E' MERA PAROLA. IL TEATRO PUO' E DEVE ESSERE ANCHE AZIONE. OPPURE SOLO AZIONE.

L'AZIONE, PIU' DELLA PAROLA, STIMOLA L'INTELLIGENZA INTERPRETATIVA DELLO SPETTATORE. L'AZIONE RESTITUISCE LEGITTIMITÀ' E CENTRALITÀ' AL RUOLO DELLO SPETTATORE. L'AZIONE PERMETTE ALLO SPETTATORE DI COMPLETARE L'OPERA STESSA, DANDO AD ESSA UN SIGNIFICATO. UNA DEFINIZIONE MOLTEPLICE: OGNI ESSERE UMANO E' UNICO, QUINDI DIVERSO.]

venerdì 2 ottobre 2009

L'Arte salva la vita

Virgilio, il poeta, guida Dante verso la salvezza. Dante fuoriesce dalla selva oscura grazie a Virgilio.

L'arte irradia l'oscurità della drammatica selva.

L'arte e solo l'arte è in grado di curare taumaturgicamente i mali che affliggono l'uomo.
Il cronico ed ineludibile dolore dell'uomo può essere eluso mediante l'arte.

Il lavoro dipendente è solo un'accentuazione della disperazione umana.
L'arte VERA deve essere indipendente.
La dipendenza crea infuenza e l'influenza mistifica il ruolo legittimo dell'arte.

La committenza è l'oblio dell'arte.