sabato 27 giugno 2009

Primordiale approccio all'anarchia

Questi miei ultimi giorni sono contraddistinti da una vivace confusione ideologica. Infatti, fino a pochi giorni fa, mi sentivo profondamente radicato al pensiero Marxista-Leninista. Come di consueto, però, ho rivisto puntualmente la mia posizione. Ho sentito l'urgente bisogno di fare chiarezza: è necessario entrare nel profondo della mia mente è scoprire cosa realmente mi appartiene.

Non sono restato con le mani in mano. Ho impugnato un testo del 1977 dal titolo "L'utopia anarchica". Ho pensato che forse potrei essere intrinscamente un anarchico; meglio approfondire.
Dopo una rapida lettura del pensiero di Godwin, Fourier e Saint Simon, arrivo a colui che possiamo definire il "primo anarchico": Proudhon.
Ho scelto di soffermarmi maggiormente su questo personaggio e sul suo relativo pensiero. La cosa di esso che piu mi ha colpito è il "laboratorio" o federalismo. Infatti Proudhon propugnava l'abolizione dello stato e la sua relativa sostituzione con delle piccole unità autoamministrate ed autonome. A mio avviso, l'idea del laboratorio contribuisce a smentire la posizione "nazionalpopolare" che spesso viene assunta di fronte all'anarchismo, visto come uno stile di società dove chiunque può agire sregolatamente. Implicitamente lo stesso laboratorio di Proudhon ci comunica che cosi non è. Infatti con esso viene meno l'apparato statale e la sua centralità ma rimangono quelle piccole unità territoriali che hanno comunque delle regole. In sostanza: anarchia vuol dire assenza di stato e non di regole. Quelle ci sono e come.
Torniamo però al federalismo prudhoniano. Ciò che interessa maggiormente, secondo la mia prospettiva, è la composizione delle unità territoriali autonome. Infatti in esse viene meno la presenza delle banche e del denaro e, cosa che apprezzo moltissimo, assistiamo alla comunanza dei frutti del lavoro: ognuno è proprietario di ciò che produce. Questa ultima affermazione va un po a contraddire cio che disse lo stesso Proudhon nel 1840: "Che cos'è la proprietà? La proprietà è un furto!". Ma non è questo che mi interessa. La mia non è una valutazione della persona Pierre Joseph Prodhon, ma di ciò che egli esprime. La visione che "ognuno è proprietario di cio che produce" va pienamente d'accordo con quello che è il mio rapporto con la proprietà stessa. Infatti il mio odio non va verso la proprietà in quanto tale ma è indirizzato a quella proprietà concentrata nelle mani di pochi. Oserei dire quella "proprietà oligarchica".
Dunque io sostengo che tutti coloro che partecipano alla produzione sono proprietari del prodotto in egual misura. E spero che anche Proudhon affermava questo. Naturalmente questa concezione di proprietà è in antitesi con l'attuale sistema capitalistico e borghese in cui viviamo. Ed è proprio questo il vero ostacolo.

Naturalmente non posso dare una valutazione all'anarchismo con la sola conoscenza del pensiero proudhoniano, peraltro in maniera del tutto sommaria e certamente imperfetta, ma sono ancora privo del confronto con personalità come Bakunin, kropotkin, Costa, Malatesta, etc.

Spero di essere stato giusto nei termini usati e se, per caso, ho errato nella trasposizione di qualche concetto, sarò ben lieto di essere corretto. Sbagliando si impara ed io sono qui per imparare.

P.S.
Dimenticavo: c'è un altro elemento della dottrina Produhoniana che mi entusiasma e mi convince: il suo netto rifiuto per ogni genere di violenza. Inoltre trovo parecchio interessante la sua sfiducia nell'industria moderna, vista come una caratteristica che contribuisce alla creazione di un'umanità diabolica ed all'accentuazione mostruosa dei rapporti di schiavitù tra gli uomini.
C'è l'urgenza e l'esigenza di tornare ad un mondo arcaico, rurale, in poche parole: contadino. Solo ritornando ad una società agricola possiamo riorganizzare il nostro modo di vivere....è questo cio che io penso. Perlomeno attualmente :D

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