domenica 20 dicembre 2009

Crudele autocritica...

Io voglio dedicare la mia vita alla difesa degli operai, dei lavoratori dipendenti tutti. Io voglio diventare un sindacalista. Voglio ma non posso.
Il sindacalista è colui che conosce gli operai e il loro ambiente lavorativo; ambiente che io non ho mai veduto e vissuto. Io non ho mai lavorato nella mia vita e pretendo di fare il sindacalista: questo è assurdo, paradossale, scandaloso, improponibile.
Il sindacalista è colui che non ha paura di ritorsioni padronali; che difende gli operai in prima linea, senza alcuna paura di esporsi.
Io, invece, sono carico di timidezza e, certamente, di viltà. Io sono un pusillanime che, quando era piccolo e ingenuo (com'è ancora) piangeva al primo richiamo della maestra. Io non sopporto rimproveri. Anzi, ho paura dei rimproveri.
Il sindacalista non può essere un pussillanime, un timido ma deve avere quella "faccia tosta" e quel coraggio indomabili.
Io sono la persona meno indicata (dal punto di vista delle esperienze e del carattere) a ricoprire il ruolo di sindacalista. Con me, gli operai diverrebbero facile carne da macello per i padroni.
Il sindacalista, nell'accezione gramsciana, è colui che combatte per l'emancipazione del proletariato, che ha l'obiettivo essenziale di educare le masse e condurle verso la rivoluzione socialista, ovvero verso la libertà. Il sindacalista è, dunque, colui che più di chiunque altro condivide e applica il fare e pensare socialisti.
Io, invece, sono un borghese malamente travestito da proletario (un proletario che non ha mai lavorato in vita sua: come sono messo bene!). Un borghese che cerca di apprendere la teoria socialista per una mera masturbazione intellettuale. Il vero socialista è colui che avverte la spiccata esigenza di praticare la teoria socialista per raggiungere il socialismo. Il vero socialista è colui che ha bisogno di un mondo rosso, socialista appunto.
Io voglio tutto questo? Credo (o fingo) di volerlo ma, in realtà, non lo voglio affatto.
Io mi trovo bene in questo mondo pieno di falsa libertà dove, per fortuna, basta essere vili per sopravvivere. Anzi, la viltà ci consente spesso di uscire dalla sfera della sopravvivenza permettendoci di VIVERE. (il vivere è l'evoluzione positiva del sopravvivere)

La conclusione è una sola (anzi, due): io non sono socialista e io non posso fare il sindacalista.
Spero che le cose cambieranno. Il vile non può far altro che sperare in un intervento magari divino.
Allora: Padre nostro che sei nei cieli....

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