domenica 20 settembre 2009

La morte della morte

"Quando la morte vi chiamerà, forse qualcuno protesterà"....

La morte lo aveva chiamato.
Una strana figura nera e fosca lo aveva raggiunto durante
la notte. Mentre dormiva.

Lo stipite della sua camera era stato varcato da questa
inquietante presenza.
La morte si era fermata dinanzi al corpo incosciente di
Renato.

Renato dormiva. Non poteva protestare.
Forse sognava di morire. Di essere toccato dalla mano
ossea e brutale della morte. Di abbandonare questo mondo
terreno per essere condotto in un mondo ulteriore.
Divino.

Probabilmente aveva contemplato l'idea della morte nel
corso della sua vita precedente.


La sua vita si concludeva nel momento della sola
esistenza. Si, l'essere umano che dorme non vive bensi'
esiste.

Renato aveva compiuto un ulteriore salto. La sua
esistenza era divenuta inesitenza.

La morte aveva poggiato la sua terribile mano sui biondi
e lisci capelli di Renato.
Il candido caschetto di capelli biondi era stato invaso dalla terribile mano
mortale.

La morte aveva svolto il suo quotidiano compito.

Dopo questo ennesimo mandato, la morte si sedette a
fianco del cadavere di Renato e decise di riflettere.

Cominciava ad odiare il suo mestiere. Un mestiere
monotono e poco stimolante.

"Che differenza c'è tra il mio compito e quello di un
operaio incastrato nel macabro sistema della catena di
montaggio?
Il mio è un lavoro perfidamente immutevole".
La morte aveva espresso il suo malcontento.

Desiderava qualcosa in più. Essa avvertiva la vitale
esigenza di cambiare vita.

Purtroppo non poteva farlo.

Il suo datore di lavoro non avrebbe accettato le
dimissioni.
Dio era un padrone severo, aspro e poco affidabile.

Dio aveva fatto l'uomo a sua immagine e somiglianza.
Dio non era onnipotente e neanche buono. Dio era come
l'uomo. Nessuna differenza.

La morte non avrebbe potuto fare affidamento sulla bontà
divina. Bontà che non esisteva.

Un datore di lavoro dispotico ed intransigente: questo era Dio.
E la morte provava un certo e comprensibile
timore dinanzi alla potenza del Signore. Potenza, non
onnipotenza.

La morte abbandonò l'abitazione di Renato.

I genitori avrebbero ritrovato il corpo del loro giovane
figlio. Fiumi di lacrime sarebbero stati versati e
bestemmie rabbiose avrebbero reso tutto meno sacro,
idilliaco. Una reazione umana. Quindi divina.

La morte tendeva a non pensare alle possibili reazioni
delle sue vittime.
Questo pensiero lo avrebbe turbato non
poco.

Essa si limitava ad eseguire le direttive del Boss. Del Signore. Di Dio.

La morte vagava per la fredda città di Berlino.
Il clima teso della città tedesca esprimeva efficacemente
il buio stato d'animo della morte.

In quel dato momento, la morte desiderò la morte.

Come poteva liberarsi di quell'infausto e tedioso
mestiere?
Con la morte. La sparizione fisica.

Pervasa da una gioiosa malinconia, la morte alzò in aria
la sua fredda e tenebrosa mano.

Lentamente scendeva per raggiungere la sua testa,
liberarsi dal cappuccio nero ed eseguire cio che aveva
sempre fatto. Questa volta, però, era lei stessa la
vittima.

Com'era fatta la morte? Qual'era il suo viso?
Si trattava di un viso umano e rassicurante o di un

qualcosa di mostruosamente raccapricciante?

Che sembianze poteva avere la morte?

La mano liberò la testa dall'opprimente cappuccio.

Il viso della morte era stato rivelato.

Il suo era un viso interamente umano. Con dei candidi capelli biondi.
Un caschetto di capelli biondi. Per la precisione.

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