lunedì 18 gennaio 2010

Bozza per un progetto cinematografico....

Questa mattina, come di consueto, mi sono alzata in primissima mattinata, quando il sole non era ancora sorto, per fare il mio dovere.
Adesso sono sveglia.
Mi lavo la faccia. Mi pulisco le tette. Scorreggio. Mi lavo i denti e sputo nel lavandino. Piscio. Caco. Mi pulisco. Le mutande (bianche?) puzzano e sono sporche ma non le cambierò. Guardo le mie ascelle piene di peli. Li taglio. Non li taglio. Li taglio? No, non li taglio. Fanno sempre comodo, tengono caldo, specie d'inverno.
Oggi mi vesto bene. Maglia di pile nera, pantaloni eleganti di color marrone, scarpe sportive bianche. Capelli sciolti (c'è qualche nodo ma non fa niente, non mi danno fastidio!).
Salgo sul tram. Le porte si chiudono ermeticamente. Cala il buio. Un silenzio assoluto e assurdo opprime l'intero ambiente. I finestrini diventano completamente neri. Comincio ad aver paura. Mi sembra di essere chiusa in una piccola stanza in cemento armato, priva di luce e suono. Invece sono su di un tram che, forse, sta camminando sull'asfalto ruvido e tortuoso. Pezzi di merda, penso, è uno scherzo. Ma io non mi faccio prendere dalla paura.
Poi, improvvisamente, torna la luce e, con essa, la normalità. Sono arrivata a destinazione.
Mi alzo e, camminando per la passerella che taglia i sedili del tram ordinatamente disposti, passo davanti al posto di guida e, con estremo stupore, vedo che non c'è nessuno al volante. Il tram ha camminato autonomanente: uno scherzo ben organizzato, non c'è che dire.
Scendo. Il tram riparte ma, questa volta, l'autista c'è. E con esso una vastissima folla di clienti che occupa tutti i posti disponibili. Non capisco.
Mi trovo nel luogo dove, come di consueto, dovrò eseguire il mio dovere.
Il grande edificio bianco rettangolare mi attende immobile ma è proprio la sua condizione di stasi che lo rende incredibilmente inquietante.
Si avvertono dei rumori metallici, i soliti, che provengono dal suo interno. Suona una sirena. Dopo poco tempo esce un vasto gruppo di persone, perlopiù donne come me. Ridono, scherzano.
Ne entrano delle altre. Entro anche io. E' il mio turno.
Vorrei piangere, ma devo lavorare.

Nessun commento:

Posta un commento