sabato 6 febbraio 2010

Il gatto

Esco fuori. Accendo una sigaretta. Fumo e mi sento bene. Il dolore esistenziale, anche se solo per un momento, si placa. Il tabacco brucia e con esso i miei polmoni. Ogni boccata è un piacere e un dispiacere. La sigaretta è quasi finita. Il dolore torna lentamente. Non potrebbero inventare una sigaretta infinita? Sarebbe una perfetta soluzione al dolore che, fin dalla notte dei tempi, affligge noi poveri esseri umani. Esseri fragili, anche nella loro malvagità estrema.
La fragilità e la malvagità sono due facce della stessa medaglia. Anzi, la stessa faccia della stessa medaglia.
La sigaretta è finita. Il dolore torna. La fragilità e la malvagità....scendo in strada. Catturo un gatto. Lo ammazzo di botte. Raccolgo il suo piccolo corpo tumefatto, massacrato. Con estremo stupore e piacevole ammirazione mi accorgo che il piccolo animale è ancora vivo. Rantola. Un flebile lamento esce dalla sua bocca. "Muori bastardo!", urlo con rabbia. Lo sbatto violentemente a terra come un qualsiasi sacco di sabbia. La piccola testolina si apre. La materia cerebrale fuoriesce e si spande sul freddo asfalto brullo. La strada è vuota. Il gatto è morto. Era un cucciolo. Ho amputato la sua esistenza. Gli ho impedito la crescita. L'ho privato della dolorosa gioia di vivere. Gli ho tolto qualsiasi possibilità di vita. "Gatto di merda", dico malinconicamente, "non prendertela con me. Sono un uomo. Sono fragile. Devi comprendermi". Intanto il gatto è morto. Ed io sono vivo. Chi è più fortunato?

Nessun commento:

Posta un commento