sabato 28 novembre 2009

In treno verso Pescara (26-11-2009)

Salgo sul treno.
Prendo posto nello scompartimento di seconda classe (soltanto perchè la terza non esiste più), che ho legalmente conquistato con un biglietto di esiguo valore pecuniario.
Dinanzi a me, con una lunga e colorata tunica addosso, è seduto un signore di colore, di quarant'anni circa.
La sua testa mora è sormontata da un cappello di lana blu, di quelli che si acquistano a poco prezzo in un modesto negozio di abbigliamento.
Il signore è timido (proprio come me! siamo uguali!); mi evita con lo sguardo per paura di offendermi. "Meglio essere placidi e taciturni con gli italiani che, purtroppo, sono pieni di pregiudizio nei confronti di noi negri", gli avranno ripetuto prima di lasciare il proprio paese per raggiungere quel falso paradiso qual'è l'Italia ("L'Italia è un paese civile dal punto di vista igienico ma non da quello culturale e, appunto, civile": chi lo disse?!).
Molti dicono: "gli stranieri sono schivi, non danno confidenze a noi italiani. Nel loro silenzio covano l'odio più spietato che, puntualmente, scaricano sulle nostre donne, italiane"
Il silenzio dell'uomo di colore del treno è, dunque, l'embrione di un odio interiore, profondo e muto?
No, non ci credo; non posso crederci.
Quell'uomo, nei suoi occhi sinceri ed eloquenti, racchiudeva una tale tenerezza che, difficilmente, utopisticamente, poteva tramutarsi in violenza (sulle donne, poi!).
Ho fiducia in quell'uomo; la sua pelle nera non mi crea alcun timore, anzi: sono ben felice di sedere vicino ad un uomo di colore, un africano probabilmente.
Vorrei stringergli la mano (o addirittura baciarlo!) ma non mi è consentito.
Gli italiani sono macchiati e accecati dal pregiudizio; e io sono un italiano che, per colpa di quell'odioso (ma fascinoso) medium di massa, ossia la televisione, è come tutti gli altri.
Ah, già: la televisione......."E gli uomini vollero piuttosto le tenebre che la luce"

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