mercoledì 11 novembre 2009

Una pestifera mediocrità

"I miei sogni sono perennemente popolati da quei tronchi lunghi e snelli, sormontati da compatti batuffoli di foglie appuntite."


Desidero trasferirmi a Roma. Vorrei trascorrere la mia esistenza tra le confortevoli rovine dell'impero romano e le stupefacenti costruzioni pre-novecentesche e fasciste.
Questo bisogno fisiologico mi affligge: Roma deve essere la mia città, la mia culla, la mia eterna casa.
Vivere e lavorare a Roma. Magari in un teatro, come regista. Fare il regista teatrale a Roma.
Trascorrere le domeniche fuori dalla città per esplorare luoghi come l'Agro Romano, Aprilia, Anzio, Nettuno.
Il solo atto del pensare a luoghi del genere mi rende vittima di una profonda e paralizzante emozione (positiva o negativa?).
L'Agro Romano è una sorta di paradiso minore che circonda e introduce il grande paradiso: Roma.
Mi piacerebbe avere un terreno sull'Agro Romano. Coltiverei ortaggi nel mio tempo libero. Il raccolto lo regalerei a chi ne ha bisogno.

Quel film mi ha cambiato la vita. Quel film mi ha cacciato in un brutto pasticcio: ha creato il desiderio romano e nel medesimo istante ha rafforzato la consapevolezza dell'inesaudibilità dello stesso. Quale film? Quel film: "Caro Diario".
La Garbatella, Vigne Nuove, Monteverde, Casal Palocco, Spinaceto (Spinaceto!!): esistono realmente luoghi del genere?
In un primo istante, ho creduto che "Caro Diario" fosse la prima opera fantascientifica di Nanni Moretti. Poi mi sono prontamente corretto: Roma esiste. Io la voglio. Ma non posso.
Perchè non posso?
Perchè sono un'idiota, ignorante e incapace. Un mediocre che si è radicato in luogaccio (Roseto) che, per pigrizia e timidezza, non riuscirà mai ad abbandonare.
Il mio desiderio di vivere a Roma è vanificato dalla mia stessa volontà. Io voglio ma non posso, per colpa mia.
Spesso mi dico: conquisterò Roma. Poi aggiungo: conquisterò Roma come Napoleone ha conquistato l'Inghilterra. Quindi, non conquisterò mai realmente (o effettivamente ) Roma.
La mia vita sarà contraddistinta da continuo desiderio inappagato.
Il mio destino (esiste il destino?) si è espresso in maniera netta: Roseto resterà la mia città, la mia culla, la mia squallida abitazione.
Non ho neanche il coraggio di morire.

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